SILVIA BELTRAMI
STRAPPO, RICOSTRUZIONE E IMMAGINE NELL'OPERA DI SILVIA BELTRAMI di Sibilla Panerai
"Strappo, ricostruzione e immagine nell’opera di Silvia Beltrami.
“Io non sono, devo sempre e ogni volta essere o essere stato”. J.-L. Nancy1.
Nel dizionario Littré la parola decostruzione si pone tra lo smontaggio o il disassemblaggio delle parole di una frase e lo smontaggio
delle parti di una macchina. Heidegger ne parlava in termini di destruktion, citando in qualche modo anche la destructio di Lutero e a
prendo il concetto stesso di struttura ad una rivoluzione interna che ben si applica a quel senso dell’essere che ritroviamo nelle opere
dell’artista Silvia Beltrami (Roma, 1974), tutte realizzate non con la pittura ma con la sovrapposizione e l’intersezione di minuscoli pezzi di
carta, attraverso l’uso sapiente della tecnica del collage, del papier découpé e déchiré di ascendenza neodadaista. Nelle sue opere assume così
importanza non l’essere in sé ma la sua essenza, mentre l’immagine si fa frammentaria, indistinta, incontrollabile, decostruita nei suoi elementi primari.
Nel 1967 Jacques Derrida in Della grammatologia riprende il concetto di decostruzione e di augenblick, quel ‘istante-far-segno’ che tanto affascina Beltrami
nel momento in cui dilata la visione in una moltitudine di frammenti, tutti meticolosamente ritagliati e strappati in una elaborata sovrapposizione di carte, così
precise da sembrare dipinte. Sono frutto di “una padronanza tecnica sopraffina e delicata, una forte originalità manipolatoria nell’utilizzo di elementi e supporti…
con un effetto illusorio di apparente matericità pittorica davvero sorprendente”, scrive Bolpagni2. Interrelazione e distanziamento, disseminazione e ricongiungimento
sottendono a queste immagini, dove porzioni di corpi, abiti e oggetti vengono come ‘gettati fuori’, in un disassemblaggio dell’apparenza dai connotati trascendentali.
Del resto per Hegel “il ‘soggetto’ non è solamente causa sui ma processo, uscita da sé, alienazione nell’altro”3 e l’identità non è qualcosa di dato ma che si determina in relazione ad altro,
superando il concetto di unità dell’origine.
All’occhio di questi assunti Beltrami crea effetti perturbanti sulla resa generale dell’immagine, scorgendone i punti di rottura e allo stesso di legame propri di quella struttura:
“lascia esplodere- scrive Maurer Zilioli- i modi tradizionali della percezione e le regole accademiche della composizione. I suoi protagonisti, composti da migliaia di micro-frammenti,
galleggiano con movimento disordinato e selvaggio in una galassia di frantumi e schegge di una realtà ormai spezzata che crea per le scene un luogo al di là di ogni definizione usuale”4.
Nella presenza-assenza di volti, gesti e sguardi l’artista evidenzia il potenziale alternativo insito nel movimento lungo il punto di fuga, l’instabilità identitaria, l’ibridazione del
concetto di confine e l’alterità delle variabili. È la resa visiva di quella ‘modernità liquida’ cara al filosofo e sociologo Zygmunt Bauman: “Essere moderni significa oggi, essere incapaci di
fermarsi e ancor meno di restare fermi”. Per questo le opere di Beltrami si sottraggono ad un approccio di tipo tradizionale ponendoci piuttosto in un metaverso dove il visibile è uno stato in divenire.
“Occorre evidenziare- scrive Bonomi- che le sue composizioni appaiono come una sorta di esplosione che dissemina pezzi o i protagonisti stessi di quell’immagine (idealmente) originaria, apparendo dialetticamente
con un duplice movimento: per un verso sembra che l’esplosione, una specie di big bang, provochi una forza centrifuga dispersiva che dal nucleo mette in orbita o in fuga lineare le particelle; per un altro invece
l’immagine può apparire come dotata di una forza centripeta per cui quei singoli frammenti vengono risucchiati dalla figura o figure centrali, in una sorta di attrazione magnetica o assorbimento in un buco nero. […]
Da un punto di vista formale la composizione si presenta ora ‘complessa’ con una moltitudine di soggetti che ‘esplodono’ e, al contempo, ‘implodono’, ora più ‘semplice’, con le immagini poste su uno sfondo bianchissimo,
che fa assumere alla totalità valenze metafisiche e simbolicamente ‘inquietanti’”5.
AFFRESCHI DI CARTA di Alessandra Frosini
"Milioni di frammenti di carta creano pennellate e si ricompongono davanti ai nostri occhi attraverso una fisica che ci è apparentemente sconosciuta. Sono “affreschi” fatti di carta ritagliata dai giornali o di carta da parati applicata su cartone o tele intonacate con intonachino da strappo, pezzi decontestualizzati
all'origine che vengono assemblati per parlare una nuova lingua, un esperanto fresco e molto attuale fatto di distorsioni e visualizzazioni insolite, diverse da quelle imperanti.
Il dittico monumentale Panopticon di Silvia Beltrami è stato scelto per rappresentare l'Italia, insieme alle opere di Chris Gilmour e Jacob Hashimoto,
al Coda Paper Art 2015, biennale internazionale che unisce i migliori designers e artisti visuali che hanno scelto di utilizzare come elemento base delle proprie realizzazioni la carta.
Panopticon è ispirato alle teorie del sociologo Zygmund Bauman sulla modernità e postmodernità e sulle forme di controllo e sorveglianza che le contraddistinguono.
Il parallelo che fa Bauman fra il web e il panopticon (lett.“che fa vedere tutto”), prigione ideale progettata nel 1791 da Jeremy Bentham, dove la sorveglianza si attua continuamente mettendo insieme i frammenti di dati personali dei nostri vari profili che creiamo su internet alla ricerca di visibilità e di una nuova idea di comunità sociale, diventa perfetto paradigma

del lavoro della Beltrami, da sempre incentrato, attraverso la tecnica del collage, ad indagare la nostra umanità frammentata, articolata e complessa, alla perenne ricerca di una negoziazione temporale.
Perché l'unità del legame è rappresentata dallo spazio di separazione che intercorre inevitabilmente fra i vari pezzi e che ritroviamo nella forma del dittico,
che vive una propria realtà concettuale come distaccamento-fulcro, in cui tutte le forze vengono attratte e da cui partono, in una rincorsa incessante che è coinvolgimento continuo delle parti e motore della memoria dello spazio. E' un'arte fatta per la conquista, che contiene al suo interno la creazione di uno spazio “altro” e la volontà di scardinare ogni falsa prospettiva,
in contrasto con un dinamismo universale a cui tutto, apparentemente, sottostà.
Grazie alla sua tecnica inconfondibile e alla profonda indagine riflessiva che ne sta alla base, le opere della Beltrami hanno trovato un'attenzione internazionale, in Italia (galleria di riferimento Costantini Art Gallery di Milano), in Svizzera, in Spagna e Germania. A Monaco di Baviera i suoi
lavori sono stati esposti all'Istituto Italiano di Cultura nel 2010 e sono stati presentati nel 2011 nella personale Limbo alla galleria Mauer Zilioli (Brescia, Monaco), che è anche sua galleria di riferimento in Germania. Il prossimo appuntamento per vedere Silvia Beltrami sarà Il 24 Giugno al Negev Museum a Beer Sheva in Israele.
Da "Affreschi di carta di Alessandra Frosini"
I COLLAGES DI SILVIA BELTRAMI DI Giorgio Bonomi
"È difficile, nel panorama odierno dell’arte emergente, trovare chi sappia coniugare l’abilità manuale (quella famosa “tékhnē”, parola con cui i Greci antichi indicavano l’“arte”) con la capacità di innovazione linguistica (frutto di un’attenta ricerca) e con un’individuazione di tematiche (il contenuto dell’opera) attuali e tali da suscitare nell’osservatore pensieri e riflessioni: ecco, tutti questi aspetti si possono trovare nella poetica e, naturalmente, nelle realizzazioni di Silvia Beltrami. L’artista – per altro abilissima disegnatrice e capace di dipingere immagini naturalistiche “perfette”, ma queste vengono eseguite solo saltuariamente per “esercizio della mano” – lavora con il collage di ritagli di carte, le più svariate (di giornali, riviste, carte da parati ed altre ancora): con questi “ritagli”, che appaiono come le tessere di un mosaico, Beltrami articola nei sui lavori, portati avanti con una coerenza rigorosa da alcuni anni, un discorso su tavole di faesite, mentre prima lavorava su “strappi d’affresco”, cioè utilizzando quella classica tecnica raffinatissima per preparare i fondi su cui poi applicava le sue figure.(leggi ancora)
Da "I collage di Silvia Beltrami"
LIMBO di Ellen Maurer zilioli
■"Limbo" personale alla galleria Maurer Zilioli , Brescia 29 Gennaio – 26 Marzo 2011
Inaugurazione: Sabato, 29 Gennaio 2011, ore 18.30 Presentazione: Paolo Bolpagni
Silvia Beltrami, nata nel 1974 a Roma e da tempo residente sul Lago di Garda, è una giovane e promettente artista, diplomata all'Accademia di Belle Arti di Brera, Milano, che coltiva la passione per un genere insolito. Si dedica a una fresca e attualissima interpretazione del collage usando carta da parati o giornali su cartone (usato) o tele intonacate per creare le sue composizioni dinamiche e vitali.
Con straordinaria abilità e immaginazione Beltrami trasferisce le sue idee alla bozza (sempre in formato piccolo) e dalla bozza alla dimensione finale. Con mano leggera compone delle strutture spaziali complesse e raggruppamenti di figure surreali. Fin dai tempi degli studi l'autrice pratica la tecnica dell'affresco che le serve come punto di partenza per le sue opere. Le composizioni dimostrano una solida padronanza della tecnica, come pure leggerezza, delicatezza e sicurezza nella fantasia del tutto personale.
L'attenzione di Silvia Beltrami si rivolge ai fenomeni attuali e ai problemi della vita quotidiana che coinvolgono la sua generazione. La sua osservazione si focalizza su alcuni aspetti che la affascinano, ad esempio la perdita dell'identità per effetto di moda e consumismo, le diverse dipendenze della gioventù, e non solo di quella, in un'epoca che cerca il semplice divertimento superficiale, il mondo del lavoro nella sua sempre più forte lotta per il veloce successo esclusivamente economico, in breve la sua attenzione si dedica alla trasformazione dell'umanità priva di affidabili valori etici.
Nel centro della nostra mostra: un nuovo gruppo di opere dell'artista, mai esposto, ispirato dal ritmo vitale del Limbo e del Rave che possiamo interpretare come una metafora della crescente accelerazione della nostra vita. La dinamica di questi lavori si riferisce alla danza rituale dei popoli indo-africani (in occasione dei funerali) e nello stesso tempo ricorda l'antica visione di una meta-sfera tra paradiso e inferno senza colpe e peccati.
Proprio così Beltrami vede l'agire smisurato di tanti coetanei sotto influsso di manipolazioni sociali, di stupefacenti o di cultura televisiva.
n confronto ai collage precedenti le cui strutture dimostrano una rigorosa organizzazione dello spazio, Beltrami, nelle nuove opere, lascia esplodere i modi tradizionali della percezione e le regole accademiche della composizione. I suoi protagonisti, composti da migliaia di micro-frammenti, galleggiano con movimento disordinato e selvaggio in una galassia di frantumi e schegge di una realtà ormai spezzata che crea per le scene un luogo al di là di ogni definizione usuale. Le storie di Beltrami ci offrono la possibilità di associarci all'euforia dei danzatori, attratti e respinti nello stesso tempo dai loro sforzi violentemente esposti, da questa lotta tra materia e dinamica, tra figura e spazio, carica di un'energia ambivalente e pericolosa in una specie di eruzione spuntata dal nulla.
Non è il primario interesse di Beltrami criticare queste tendenze della gioventù, ma soprattutto osservare con una certa simpatia quello che succede e far parte della propria generazione, talvolta anche con scettica distanza. Condividendo la passione e la voglia di vivere, Beltrami si distacca con lo sguardo artistico dalle scene e registra come se fosse un sismografo le loro tensioni e il loro esaurirsi come in un evento climatico.
razie alla sua inconfondibile tecnica e procedura le opere di Beltrami hanno trovato attenzione internazionale, in Italia, in Svizzera, in Spagna, Israele e Germania. A Monaco di Baviera i suoi lavori erano esposti all'Istituto Italiano di Cultura nel 2010. Nel 2011 Beltrami parteciperà alla International Paper Art Exhibition "In between" al Wilfried Israel Museum of Asian Arts and Studies.
UOMINI DI PIOMBO di paolo Bolpagni
■"Uomini di piombo" personale alla galleria Cavalli, Filetto di Massa carrara, 6 Dicembre-10 Gennaio 2009
Nelle opere esposte l ́autrice si impegna in una meditazione lucida e disillusa sui personaggi alienati e saturnini di quello spietato gioco delle parti che, per l ́artista, è un mercato del lavoro nel quale viga la regola hobbesiana dell ́homo homini lupus: figure senza volto affaccendate in una quotidiana corsa a ostacoli, nella lotta perenne e disperata per la sopravvivenza e il guadagno. Dunque, una riflessione di matrice sociale, se non sociologica, sostanziata da una scaltrita padronanza delle tecniche e dei procedimenti manipolatori più raffinati: basti pensare all ́originalissima testura delle superfici, ottenuta attraverso un collage di carta da parati su tela preparata. La chiave di lettura di queste opere è offerta dal filo conduttore della "saturnità", stato d ́animo di tristezza profonda e meditativa, uggiosa. Secondo l ́antica tradizione popolare, infatti, il "pianeta degli anelli" eserciterebbe influssi negativi sull ́umore degli uomini, rendendoli melanconici. E gli alchimisti medievali erano soliti definire il piombo proprio con il nome di "saturno".